DEL PICCOLO NUMERO DI COLORO CHE SI SALVANO!

san_leonardoSan Leonardo da Porto Maurizio è stato uno dei più grandi missionari nella storia della Chiesa Cattolica ed uno dei più grandi predicatori di missioni popolari. I suoi 44 anni di ministero apostolico, accompagnato da miracoli e prodigi, si svolsero percorrendo instancabilmente tutta l’Italia.

Uno dei più famosi sermoni di San Leonardo da Porto Maurizio è stato “Il piccolo numero di coloro che si salvano”.
Su questa Verita’, ispirata dallo spirito Santo, egli faceva affidamento per la conversione di tutti i peccatori, grandi e piccoli.

Linea grigia

“IL PICCOLO NUMERO DI COLORO CHE SI SALVANO”

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Cari fratelli, mosso dal grande amore che nutro per voi, vorrei tranquillizzare i vostri timori con pronostici di felicità, dicendo a ciascuno di voi: “Rallegrati, il Paradiso è tuo; la maggior parte dei cristiani si salva, dunque, anche tu ti salverai”. Ma come potrò darvi questo dolce conforto se voi, nemici dichiarati di voi stessi, vi ribellate contro Dio? Vedo in Dio un vivo desiderio di salvarvi, e in voi noto una somma propensione a essere condannati. Che dirò, allora? Se parlo chiaro, vi dispiacerò; se non parlo, dispiacerò a Dio.

Stando così le cose, dividerò il sermone in due punti. Nel primo, per spaventarvi, lascerò i teologi e i Padri della Chiesa dichiarare che la maggior parte dei cristiani adulti si condanna. Nel secondo, cercherò di dimostrare che chi si condanna, è per la sua propria cattiveria, perché vuole condannarsi.

L’insegnamento dei Padri della Chiesa

Il numero dei cristiani che si salvano è maggiore o minore del numero di quelli che si condannano? Guardate bene, si tratta qui soltanto dei cattolici adulti, i quali, con la libertà del libero arbitrio, possono cooperare nell’importante questione dell’eterna salvezza. Dopo aver consultato i teologi e aver studiato bene l’argomento, Suárez ha scritto: “L’opinione più comune è che ci sono più cristiani condannati che salvi”. Se all’opinione dei teologi volete aggiungere l’autorità dei Padri della Chiesa, vedrete che quasi tutti pensano la stessa cosa. Così la pensano San Teodoro San Basilio, Sant’Efrem, San Giovanni Crisostomo. Sant’Agostino afferma: “Pochi sono, pertanto, quelli che si salvano, a confronto di quelli che si condannano”.
Che cosa ha risposto il Redentore all’ascoltatore curioso che Gli ha chiesto: “Signore, sono pochi gli uomini che si salvano?”. Interrogato da uno solo, Gesù si è rivolto a tutti i presenti: “Mi chiedete se sono pochi o molti quelli che si salvano, ecco la mia risposta: ‘Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno” (cfr. Lc 13, 23-24); ed ancora: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7,13-14). L’opposizione è chiara e netta, “pochi” e “molti”! Cari fratelli, queste sono parole di Gesù!

Dove si trova la virtù?

Esiste nel mondo uno stato più favorevole all’innocenza, più adeguato alla salvezza, più degno di considerazione di quello dei sacerdoti, ministri dell’Altissimo? A prima vista, chi non li reputerebbe i migliori, e non soltanto buoni? Sento, invece, con orrore, San Girolamo lamentarsi che, tra cento sacerdoti, se ne troverà soltanto uno buono. Unite tutti questi tipi di persone, di qualunque stato o condizione di vita: coniugi, vedovi, bambini, soldati, mercanti, artigiani, ricchi, poveri, nobili o plebei. Che giudizio avremo di tanta gente che, del resto, vive così male? Dove si trova la virtù? Tutto è interesse, ambizione, gola, lusso. Non è forse contaminata dal vizio dell’impurezza la maggior parte degli uomini? Pertanto, non è corretto San Giovanni quando afferma che tutto arde di questa funesta febbre, che “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno”? (I Gv 5, 19). Non sono io, è la ragione che vi obbliga a riconoscere che di tanta gente che vive così male, molto pochi si salvano.

Una vita sulla via dell’inferno

Ma la penitenza – vi chiederete – non può recuperare con vantaggi la perdita dell’innocenza? Certo che può. Ma quanto pochi sono quelli che perseverano fino alla fine nel cammino della penitenza! Se si considera il Sacramento della Penitenza, quante Confessioni incomplete! Quante accuse dei peccati mal fatte! Quanti pentimenti illusori! Quante ingannevoli promesse! Quanti propositi inefficaci! Quante assoluzioni non valide! Sarà buona la Confessione di chi ripetutamente si accusa di peccati di impurezza e non fugge dalle occasioni di ricaduta? O di furti inequivocabili, senza l’intenzione di fare la debita restituzione? O di ingiustizie, imposture e altre iniquità, nelle quali ricade subito dopo la Confessione? Ora, se aggiungete a tutti questi falsi penitenti i peccatori colti da morte improvvisa in stato di peccato, come non concludere che il loro numero supera di molto quello dei cristiani adulti che si salvano? Questo ragionamento non è mio, è di San Giovanni Crisostomo. Egli argomenta: se la maggioranza dei cristiani procede per tutta la vita in direzione dell’inferno, perché sorprendersi udendo che la maggior parte di loro vi cade?

Conclusione di San Tommaso d’Aquino

Ma non è grande la misericordia di Dio? Sì, certamente, è grande per chi Lo teme, dice il profeta. Ma, per chi non Lo teme, grande è la sua giustizia, decisa a condannare tutti i peccatori contumaci e ostinati. Anche San Tommaso d’Aquino – dopo aver ponderato bene tutte le ragioni e i motivi – è giunto alla conclusione che la maggior parte dei cattolici adulti si condanna. Comprendete o no ciò che significa esser salvo o condannato per tutta l’eternità? Se lo comprendete e non decidete di cambiare già di vita, fare una buona Confessione, calpestando sotto i piedi il mondo, dico che non avete fede. Salvezza eterna o condanna eterna! Ponderare queste due alternative e non intraprendere tutti gli sforzi per garantire la prima ed evitare la seconda, è qualcosa di inconcepibile. Uno potrebbe obiettare: ma se Cristo volesse condannarmi, perché mi ha creato? Silenzio, lingua temeraria!!!! Dio non ha creato nessuno perché sia condannato. Chi si condanna, si condanna per la sua propria cattiveria e per la sua libera volontà. Per comprendere meglio questo, considerate come base due verità. La prima: Dio vuole che tutti gli uomini si salvino. La seconda: per salvarsi, tutti hanno bisogno della Grazia di Dio. Ora, se vi dimostro che la volontà di Dio è di salvare tutti e, pertanto, a tutti dà la sua Grazia con le altre risorse necessarie per raggiungere un tale ordine sublime, dovete riconoscere che chi si condanna deve attribuire alla sua malvagità la condanna; e che se nella grande maggioranza i cristiani si condannano è perché vogliono essere condannati.

Dio rincorre il peccatore

Dio manifesta in numerosi passi delle Sacre Scritture il suo desiderio di salvare. “Io non godo della morte dell’empio, ma che l’empio desista dalla sua condotta e viva” (Ez 33, 11); “Convertitevi e vivrete!” (Ez 18, 32). Egli ha voluto così ardentemente la nostra eterna salvezza che ha subito la morte per darci la vita. Pertanto, la sua volontà di salvare tutti non è qualcosa di finto, superficiale, apparente, ma una volontà autentica, effettiva, benefica, poiché Egli ci concede di fatto tutti i mezzi per salvarci. Più ancora, vedendo che senza il suo aiuto non faremmo uso della sua grazia, Egli ci dà altri ausilii, altri aiuti! E se anche questi non producono il loro effetto, la colpa è nostra, perché con gli stessi aiuti di cui abusiamo, altri possono praticare la virtù e salvarsi. Sì, alcuni possono ricevere una grande Grazia, farne un cattivo uso e condannarsi, mentre altri ricevono una Grazia minore, collaborano con essa e si salvano. Ma per quelli che non intendono questa argomentazione teologica, dico quanto segue: Dio è così buono che, quando vede un peccatore che corre a precipizio verso la perdizione eterna, lo rincorre, lo chiama, lo supplica e lo accompagna fino alle porte dell’inferno. Se malgrado tutto questo quel disgraziato volesse in ogni modo gettarsi nel fuoco eterno, che fa Dio? Lo abbandona? No. Egli lo prende per mano e, mentre l’infelice sta con un piede fuori e l’altro dentro l’inferno, ancora lo supplica che non abusi delle sue Grazie. Ditemi ora: non è vero che un tale uomo si condanna contro la volontà di Dio, unicamente perché vuole condannarsi? Alla vista di ciò, come può uno dire: “Se Dio voleva condannarmi, perché mi ha creato?”

Vi supplico di cambiar vita

Mi rivolgo ora a te, fratello, sorella che vivi in peccato mortale, con odio, nel fango dell’impurezza, ogni giorno più vicino alla bocca dell’inferno: fermati e torna indietro! Ti scongiuro: fermati e torna indietro! Gesù ti chiama e con tutta l’eloquenza delle sue ferite appella al tuo cuore: “Figlio mio, figlia mia, se ti condanni, non lamentarti se non di te stesso. Ascolta, anima cara, queste mie ultime parole. Tu Mi sei costato Sangue. Se, nonostante il Sangue che per te ho versato, vuoi condannarti, non lamentarti di Me, ma di te, e ricordati di questo per tutta l’eternità. Se sarai condannato, sarà perché lo hai voluto, contro la mia volontà”. Ci sarà uno qui che, a dispetto di tante Grazie e aiuto di Dio, insista a precipitarsi nell’inferno? Se c’è, per favore mi ascolti: “Peccatori, in ginocchio ai vostri piedi, vi supplico per il Sangue di Gesù, per il Cuore di Maria: cambiate vita, riprendete la via del Paradiso, fate tutto il possibile per includervi nel piccolo numero degli eletti. Prostratevi ai piedi di Gesù e, con gli occhi in lacrime, capo chino, cuore contrito e umiliato, ditegli: ‘Confesso, mio Dio, che finora ho vissuto peggio di un pagano. Non merito di essere annoverato tra i tuoi eletti, riconosco di meritare l’eterna condanna, ma so com’è grande la tua misericordia. Così, pieno di fiducia nell’ausilio della tua grazia, dichiaro che voglio salvare la mia anima. Sì, voglio salvarmi anche a costo della fortuna, dell’onore, della stessa vita. Mi pento, detesto la mia infedeltà e Ti chiedo umilmente perdono. Perdonami, mio amato Gesù, e fortificami affinché io mi salvi. Non Ti chiedo ricchezze, né onori, né prosperità. Chiedo soltanto la salvezza della mia anima’”.

Nessuno è condannato se non vuole esserlo

Se, però, uno insiste nel chiedersi se sono pochi quelli che si salvano, ecco la mia risposta: sia che siano pochi, o molti quelli che si salvano, vi dico che si salva chi vuole essere salvo; nessuno si condanna senza voler essere condannato; e se è vero che pochi si salvano è perché pochi vivono bene. Qual è, dunque, l’utilità di sapere se sono pochi o molti quelli che si salvano? Ecco quello che dice San Pietro: “Quindi, fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione” (II Pt 1, 10). E San Tommaso d’Aquino rispose a sua sorella che gli chiedeva che cosa avrebbe dovuto fare per salvarsi: “Sarai salva se vorrai salvarti”. E se desiderate un argomento irrefutabile, eccolo: non cade nell’inferno chi non pecca mortalmente, questa è una innegabile verità della Fede; non pecca mortalmente chi non vuole peccare, questa è una incontestabile affermazione teologica. Pertanto, la conclusione legittima e indubitabile è: nessuno cade nell’inferno senza volere. Non basta questo per consolarvi?! Piangete i peccati della vita passata, fate una buona Confessione, non peccate più, e sarete tutti salvi. Questa non è una semplice opinione, ma una verità solida e consolante. Che Dio ve la faccia comprendere e vi benedica.

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IL VALORE DEL CONSENSO UNANIME DEI PADRI

(di don Curzio Nitoglia)
Pubblicato sul sito dell’Autore
http://doncurzionitoglia.net/2016/01/18/piccolo-numero-eletti/
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/2016/01/18/piccolo-numero-eletti/

Il consenso moralmente unanime dei Padri, che interpretano la Sacra Scrittura, è l’eco della Tradizione divino-apostolica, dunque è infallibilmente vera. Ossia, quando un numero considerevole di Padri ecclesiastici è concorde nello spiegare in un determinato senso il significato della lettera della Bibbia, essi sono il canale di cui Dio si serve, come Tradizione orale, per farci giungere INFALLIBILMENTE il vero significato della scrittura.

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Il Concilio di Trento e il Vaticano I hanno definito che l’interpretazione genuina della S. Scrittura è quella data dai Padri della Chiesa, onde non ci si può discostare, nella lettura della Scrittura, dal significato unanime datone dai Santi Padri ecclesiastici: “Nessuno deve osare di distorcere la S. Scrittura, secondo il proprio modo di pensare, contrariamente al senso che ha dato e dà la Chiesa […], né deve andare contro l’unanime consenso dei Padri” (Conc. di Trento, Decreto sulla Vulgata e sul modo di interpretare la s. Scrittura, Paolo III, 8 aprile 1546, DS, 1507). Inoltre il Vaticano I: “Non è lecito a nessuno interpretare la S. Scrittura contro l’unanime consenso dei Padri” (Conc. Vat. I, Costituzione dogmatica Dei Filius, Pio IX, 24 aprile 1870, DS, 3008).

Leone XIII insegna: “Non è permesso a nessuno di interpretare la S. Scrittura contro l’insegnamento unanime dei Padri” (Conc. Trento [DS, 1507] e Conc. Vat. I [DS, 3007]) … “Somma è l’autorità dei Padri […] ogni volta che all’unanimità interpretano con uguale senso una qualche testimonianza biblica […]. Dal loro unanime consenso appare chiaramente che così sia stato tramandato dagli Apostoli secondo la fede cattolica […]. Ingiustamente e con danno alla religione si introdusse l’artificio presentato sotto il nome di alta critica […] in base a sole ragioni interne” (DS, 3281/3284/3286).

Pio XII nell’Enciclica Divino afflante Spiritu (30 settembre 1943) riprende la dottrina di Leone XIII, raccomandando l’interpretazione “data dai santi Padri” (EB, 551). La stessa cosa insegna in Humani Generis (12 agosto 1950) [EB, 564/565]. Il compito dell’esegeta cattolico è quello di “assicurarsi se c’è un senso già dato con morale unanimità dei Padri” e quindi di seguirlo. Si può ricorrere anche all’aiuto della filologia per approfondire l’insegnamento patristico, ma non è mai lecito contraddirlo e neppure invertire i ruoli, dando la preminenza alla filologia sul consenso unanime dei Padri.

I Dottori della Chiesa e i Santi sul numero degli eletti

Anche molti Dottori della Chiesa e Santi canonizzati e conosciutissimi hanno appoggiato  – per cinquecento anni consecutivamente – la tesi del piccolo numero degli eletti (relativo al maggior numero dei dannati). Essi spaziano da papa Innocenzo III (+ 1216) a S. Alfonso de Liguori (+ 1787).

La dottrina del piccolo numero degli eletti, relativamente a quello maggiore dei dannati, è perciò rivelata e interpretata infallibilmente dalla Tradizione dei Santi Padri latini e greci.

Tuttavia non bisogna leggerla in senso strettamente materiale e rigorista in maniera tale da farci dubitare della volontà salvifica universale di Dio, che in molti casi è resa vana dalla cattiva volontà degli uomini, i quali preferiscono la via larga, che li conduce alla perdizione. Ciò non significa che coloro i quali vogliono salvarsi e osservare i Comandamenti di Dio siano in sé un numero esiguo, sparuto, infinitesimale. No! Essi, nel corso dei secoli fino ad oggi, sono una “turba magna, che nessuno riusciva a contare” come ci dice l’Apocalisse di Giovanni.

Quindi “cerchiamo di entrare per la porta stretta”, con la buona volontà e la speranza nell’ aiuto onnipotente e misericordioso di Dio e certamente vi passeremo per giungere nel regno dei Cieli.